“Se la mattina non prendo la mia brava tazzina di caffè, non riesco ad iniziare la giornata“, “Senza il mio amato cioccolato non potrei vivere“, “Toglietemi tutto, tranne…“, “Che vita sarebbe senza…“, “Al diavolo la linea, io ai miei pasticcini non so rinunciare per nulla al mondo!”
Quante volte abbiamo sentito frasi del genere?
Ebbene, per queste persone non è neanche il caso di parlare di prevenzione perchè… sono già malate, anche se non se ne rendono conto (o non si rendono conto di fino a che punto lo sono).
“Non posso fare a meno di…” significa, senza possibilità di sbagliare, essere dipendenti, cioè degli schiavi, e la schiavitù non è certamente una condizione vantaggiosa, desiderabile e invidiabile.
La schiavitù è l’esatto contrario della salute, in quanto la salute è essenzialmente libertà.
Solo quando godiamo appieno di questa condizione possiamo infatti permetterci (se lo vogliamo) di mangiare un pò di tutto (con criterio e moderazione) senza conseguenze indesiderate; in tutti gli altri casi possiamo solo illuderci di star bene… soltanto perchè i conti sono rimandati, e quel che ci attende in futuro puntualmente ce lo ricorderà, se siamo onesti con noi stessi.
Ho voluto affrontare questo argomento difficile e spinoso perchè stranamente, anche chi è impegnato in attività divulgative e si propone di educare le persone ad acquisire abitudini alimentari più sane, spesso sottovaluta quello che io reputo di gran lunga il maggiore ostacolo al cambiamento di abitudini : l’ attaccamento a tutto ciò che ci è più familiare e che consideriamo “buono” ( che naturalmente si contrappone a tutto ciò che per noi è estraneo e nuovo e che quindi è automaticamente bollato come “cattivo“).
Sono ormai giunto a questa definitiva conclusione grazie alla mia pluriennale esperienza diretta e indiretta e non posso che confermare, come Leonardo e Viviana lasciano intendere, che la “Sissite“, come la chiamano loro scherzosamente, è la più vasta epidemia che flagella il nostro pianeta.
“Si, si, lo so che…“ La gente spesso (non sempre) sa cosa dovrebbe, o non dovrebbe fare per migliorarsi, per prevenire, ma… non lo fa.
Non lo fa perchè non ha la percezione di un pericolo che non è attuale, perchè non vuole abbandonare ciò che (apparentemente) le dà conforto, piacere, e per giunta a favore di ciò che viene percepito nell’ immediato come non gradevole e impegnativo.
“Che schifo le alghe!“, “Il miglio? Ma è roba per uccellini!“
(Purtroppo devo riconoscere che a volte è in parte vero, considerato che spesso nelle confezioni di cereali si trovano semini, detriti e pagliuzze, insomma impurità che fanno di tutto per far assomigliare il prodotto a del mangime per polli, ma questo è un altro discorso).
Tutti noi “alternativi” sappiamo troppo bene che quello della scelta dei cibi è il regno per eccellenza di tutti i pregiudizi, in cui la presunzione e l’arroganza la fanno da padrone e la gente che si esprime in questo modo non si rende conto di quanto sia condizionata.
Essa è convinta che il valore che dà alle cose sia oggettivo, mentre in realtà è il suo cervello, con tutti i suoi condizionamenti, a stabilire, per esempio, che un hamburger o una untuosissima pizza con farina bianca, pomodoro, mozzarella e mezzo litro di olio a far galleggiare tutti gli ingredienti è qualcosa di buono e che il riso integrale o una zuppa di lenticchie non lo è.
E’ davvero stupefacente e quasi miracoloso come nessuno, neanche le persone più istruite e scafate, si chieda come mai ci si senta attratti da qualcosa (nella fattispecie, cibo e bevande o droghe) e si provi repulsione per altre, perchè si dà sempre tutto per scontato.
Questo fa sì che, quando poi immancabilmente sorgano problemi, non ci si chieda mai il perchè e non si metta mai in discussione la volontà di sbarazzarsi a tutti i costi dei sintomi indesiderati con qualsiasi rimedio sintomatico, senza modificare quello che noi riteniamo inviolabile e sacro.
E così naturalmente le cattive abitudini restano… fino al prossimo episodio, che riproporrà, in genere in termini più drammatici ed urgenti, le stesse problematiche.
Invece acquisire consapevolezza di noi stessi, di come siamo fatti, del perchè amiamo certe cose e non altre, capire perchè e cosa ci ha condotto al punto in cui siamo è il primo passo per iniziare un cambiamento reale e non illusorio.
Per tornare al nostro discorso del cibo come oggetto delle nostre passioni (o repulsoni), è necessario capire che, dato che nell’universo non avviene nulla per caso, senza una ragione, anche ciò che ci attrae ha un significato da decifrare: esso esprime quelle che sono le nostre condizioni interne.
A determinare le nostre preferenze sono infatti quasi sempre i nostri squilibri cronici che ci trasciniamo da anni, dovuti alle nostre abitudini, che a loro volta non sono che il risultato di tutti i condizionamenti socio-culturali subiti da che siamo nati.
Se può servire a suffragare almeno in parte questa tesi, basti ricordare la dipendenza da zucchero, cosa scientificamente dimostrata.
Lo zucchero dunque è da considerare droga a tutti gli effetti: una droga legalizzata.
Ma quanto vale per lo zucchero potrebbe verosimilmente valere in qualche misura anche per qualsiasi altra sostanza divenga per noi un’ abitudine, dato che il corpo impara sempre a riconoscere tutto ciò che gli diviene familiare.
I nostri gusti sono dunque qualcosa di acquisito, e non di innato. E, fatto più importante, possono essere cambiati, intervenendo su ciò che ne è all’origine.
Essi in sostanza esprimono un messaggio che il nostro corpo ci invia per farci capire che ha bisogno di qualcosa per raggiungere un equilibrio migliore, solo che questo “qualcosa” generalmente viene filtrato attraverso la cortina rappresentata dal bagaglio della nostra cultura e delle nostre abitudini e interpretato come desiderio per “la schifezza di turno“.
Per esempio, è molto frequente per chi è abituato a mangiare insaccati e carne rossa in genere, uova e magari qualche manicaretto un pò troppo salato o cotto alla griglia provare un irrefrenabile desiderio per dolci, caffè, alcolici e bevande industriali zuccherate.
Nessun dietologo è in grado di spiegarvelo, ma chi conosce le leggi naturali universali (NDR e chi ha seguito la 3a lezione di Autodifesa Alimentare 😉 ), sa che questo avviene perchè il corpo, sottoposto a stimoli eccessivamente contrattivi dovuti ai cibi suddetti della prima categoria, sente la perentoria necessità di qualcos’altro per controbilanciarli.
Una volta però saputo questo, non è più necessario, nè opportuno, optare per i prodotti innaturali e perniciosi che quasi sempre si ricercano in questi casi: è sufficiente intervenire a monte eliminando (o almeno riducendo) tutto ciò che crea il problema (carne e tutto quanto ad essa analogo), ed eventualmente orientarsi su qualcosa di alternativo allo zucchero, che abbia cioè effetti analoghi, ma che sia più naturale e meno estremo.
E’ a questo punto che approcci come la macrobiotica o l’ayurveda coi loro principi universali dimostrano la loro validità ed insostituibilità, ma attenzione, perchè maneggiare yin e yang, la teoria dei cinque elementi o quella dei tre dosha ayurvedici è cosa da non sottovalutare, senza la dovuta preparazione ed opportuna esperienza : il rischio di banalizzare e di prendere delle solenni cantonate è dietro l’angolo.
Non è certamente possibile esaurire in queste poche righe un argomento così difficile e complesso. Mi riservo pertanto di concluderlo in una prossima occasione, affrontando l’aspetto sicuramente più delicato del problema, che è quello di saper inculcare nei bambini delle buone abitudini.
Michele Nardella
http://nardellamichele.blogspot.it/
Un ottimo articolo, complimenti!
Ti segnalo che puoi mettere un BOX sulla colonna destra del tuo blog con tutti i tuoi articoli di AA. Ogni volta che scrivi qui un nuovo articolo, in automatico si aggiorna!
Leggi qui come funziona:
https://www.autodifesalimentare.it/blog-box.php
Alla prossima! 😀
Complimenti davvero!
Rispecchia anche il mio pensiero e non avrei saputo esporlo in modo migliore. Anch’io ho incontrato, nel mio breve percorso di consulente nutrizionale, questi “ostacoli” insormontabili. Indubbiamente, non si può imporre nulla, noi divulghiamo… chi ha orecchie per intendere… intenda.
E’ difficile sradicare vecchie abitudini… insegnare ai bambini è senz’altro la strada vincente! E a tale scopo, mi sta frullando un’idea da un po’…
Il mio lavoro principale è rivolto ai bambini, tipo animazione, laboratori, spettacoli teatrali… che sono sempre didattici. In passato abbiamo trattato argomenti come l’amicizia, la raccolta differenziata e da un po’, dicevo, sto pensando di mettere su uno spettacolo sull’alimentazione, così da arrivare a dare informazioni “sane” in modo allegro ai nostri eredi che hanno la responsabilità del futuro di GAIA 🙂