Si sarà notato che, da quando l’ iperglicemia , ormai da considerare una vera epidemia, con tutte le sue implicazioni sociali, è diventata uno degli argomenti più ricorrenti, non solo sulla letteratura medica, ma anche sui comuni giornali che si rivolgono a tutti, si sente sempre più spesso parlare di indice glicemico riferito ad un alimento o ad una specifica sostanza chimica, per indicare la sua capacità di innalzare la glicemia.
Questo perchè l’ iperglicemia, voglio ricordarlo brevemente, è una sindrome assolutamente da non sottovalutare, non solo per le gravi patologie ad essa correlate, ma anche perchè silenziosa, subdola e quindi facilmente al di fuori del nostro controllo.
La teoria dell’ equivalenza glucidica ( un carboidrato vale un altro, se il contenuto calorico è uguale) era già stata invalidata quando, grazie allo spirito pionieristico di due ricercatori statunitensi, Phyllis Crapo e Jerrold Olefsky, si cominciò a investigare la complicata e delicata relazione tra i vari fattori alimentari da una parte e glicemia e risposta insulinica dall’ altra, scoprendo che il meccanismo che ne è alla base è ben più complesso di quanto si sia mai pensato (e di quanto ancora oggi si voglia far credere).
Già lo stesso indice glicemico non dipende soltanto dal tipo di zuccheri contenuti in un alimento, come molti già sapranno. Altri fattori infatti, soprattutto di natura fisica, influenzano la velocità di assorbimento degli stessi: la consistenza ( se il cibo è solido o liquido ), la presenza di speciali molecole ( gomme e mucillagini contenute in lenticchie, orzo e avena ), la fibra e la quantità di grassi eventualmente presenti, per citare i principali.
Analogamente anche la risposta insulinica non è determinata solo dal livello di zuccheri nel sangue ( indice glicemico x carico glicemico ), ma anche da altri fattori di più difficile individuazione ( e qui il metodo scientifico-analitico mostra il suo tallone d‘ Achille), essendosi riscontrato che alimenti “insospettabili” perchè a basso tenore di zuccheri, per esempio latte e yogurt, provocano una risposta insulinica tra le più potenti. Anche le patate, sebbene ricche di amidi ( e quindi di carboidrati complessi ) hanno un effetto altrettanto energico. Inoltre, contrariamente a quanto verrebbe da pensare, anche alimenti privi di carboidrati, come la carne, stimolano la secrezione di una sia pur modesta quantità di questo ormone, in quanto anche gli aminoacidi e i lipidi per avere ingresso nelle cellule hanno bisogno dell’ ausilio dell’ insulina.
Ma se qualcuno potrà scoraggiarsi di fronte ad un quadro simile, è bene che si rassegni al fatto che questo può ulteriormente complicarsi quando i vari cibi vengono mescolati fra di loro, cosa che avviene sistematicamente nei nostri pasti standard composti, come sappiamo, dal classico “primo” a base di pastasciutta ( carboidrati ), la classica bistecca (proteine e grassi) per secondo, frutta e dessert (zuccheri semplici ) a conclusione.
In tal caso la quantità di insulina secreta è maggiore di quella che si avrebbe se i singoli alimenti, o i singoli carboidrati, proteine e grassi, venissero assunti da soli.
Da ciò risulta del tutto evidente che ad essere messo in discussione è il modo tutto moderno di concepire i nostri pasti; inoltre, anche il consiglio che di solito si dà, per mitigare l’ effetto dei dolciumi, di consumarli solo a fine pasto, quando il loro assorbimento viene rallentato dalla presenza di altri cibi, si rivela fallace per il motivo suddetto. Questo accorgimento infatti potrà avere effetto sulla glicemia, ma non sulla risposta insulinica che rimarrà elevata.
Anzi, è opportuno far notare che gli stessi dolciumi commerciali, per la loro infelice combinazione di farine ultraraffinate, zucchero, grassi e proteine animali, anche se assunti da soli, costituiscono una causa di stress insulinico particolarmente elevato, superiore a quanto prevedibile in base al solo contenuto di zucchero.
Allo stesso modo anche sostanze che sembrano avere poco effetto sulla glicemia, si è visto che determinano una maggiore risposta insulinica addirittura al pasto successivo.
Da questi pochi esempi si evince che , a parità di carico glicemico, se un cibo ad alto indice glicemico provocherà sempre una forte secrezione insulinica, in caso contrario non necessariamente quest’ ultima sarà modesta come ci si aspetterebbe. Ecco dunque la necessità , riconosciuta e proposta da alcuni scienziati, di introdurre un nuovo parametro, l’ indice insulinico, di cui però non si sente ancora parlare, sebbene sia persino più importante dell’ indice glicemico.
Infatti le conseguenze dell’ iperglicemia sono per la maggior parte mediate dall’ insulina, quindi è il comportamento di quest’ ultima che dovrebbe interessarci maggiormente per il suo ruolo cruciale in molti problemi di cui per tanto tempo non si è capita la possibile origine.
Sto parlando di sovrappeso ( l’ insulina ha effetto anabolizzante ), resistenza insulinica, diabete, ipercolesterolemia, ipertensione, arteriosclerosi e calo di ormoni sessuali.
Questo ci fa capire, fra l’ altro, perchè le solite diete dimagranti che basano il loro piano strategico su bilancio calorico e glicemia sono destinate più o meno al fallimento presto o tardi, rivelandosi solo degli stratagemmi che non affrontano mai il nòcciolo del problema.
Conoscere l’ indice insulinico di un alimento, dunque, sembra essere cruciale per comprendere esattamente che cosa succede nel nostro organismo una volta introdotto.
Vorrei aggiungere , per concludere, che tutto questo discorso può anche servire da spunto per mettere in evidenza l’ importanza di conoscere la macrobiotica.
Secondo la macrobiotica quanto più un alimento è estremo in termini di polarità yin-yang, tanto più il suo effetto sul nostro sistema mente-corpo risulterà in qualche modo sbilanciato, eccessivo.
Questo ci suggerisce , per tornare all’ esempio precedente, che alimenti come la patata, classificata come “forte yin” ( ma anche lo yogurt e un pò meno il latte ) non dovrebbero essere annoverati fra quelli di uso frequente, senza bisogno di sapere il loro effetto specifico su glicemia, insulina e quant’altro.
La macrobiotica, insomma, ci fornisce un criterio più semplice e soprattutto più pratico per orientarci nelle nostre scelte alimentari e, fatto non meno importante, ci aiuta a dirimere molte questioni di difficile comprensione ( o soluzione ) quando si adottano i soli criteri scientifici basati, come sappiamo, sull’ analisi.
Il principio Yin-Yang scaturisce infatti da una visione olistica, e cioè sintetica , della realtà fenomenica e pertanto complementare a quella che noi occidentali moderni riteniamo ( a torto ) essere l’ unico strumento di conoscenza.
Le fonti alle quali mi sono ispirato per questo report sono Michio Kushi e Carlo Guglielmo, due insegnanti e consulenti macrobiotici di fama internazionale autori anche di numerosi libri.
Michele Nardella
Michele, interessantissimo il tuo post! Non ho mai sentito parlare del indice insulinico. Dove si puo’ leggere di piu’? Mi hai incuriosito molto, specialemente il riferimento alla dieta macrobiotica. Ma quindi i cibi considerati ai due estremi di YIN-YANG sarebbero anche quelli che provocano un effetto piu’ forte sull’insulinemia?
Gentile Irina,
grazie per aver apprezzato l’articolo.
Purtroppo su questo specifico argomento non si trova quasi niente, per quello che ne so io. Tutto ciò che mostra i limiti del metodo scientifico convenzionale viene automaticamente escluso daI canali ufficiali di informazione.
Le poche nozioni che io stesso ho potuto ricavare le ho attinte su “Diabete e Ipoglicemia” di Michio Kushi (Macroedizioni), come già specificato nel report. Qui però non si parla esplicitamente di indice insulinico, cosa che invece puoi trovare su “Il grande libro dell’ecodieta” di Carlo Guglielmo (Mediterranee). Ma non troverai molto di più di quanto hai già letto.
Non ho ancora provato a cercare su internet, come mi sono ripromesso di fare, ma è possibile che si trovi qualcosa.
I fattori alimentari che hanno maggiore impatto sulla risposta insulinica sono quelli estremamente yin (espansivi), perchè l’insulina è un ormone yang e quindi reagisce agli stimoli yin, ma non vorrei banalizzare con queste poche informazioni, perchè la questione richiede una certa dimestichezza con la materia che non si può improvvisare.
Per il momento ti basti sapere che gli alimenti e le bevande peggiori (che sono sconsigliabili comunque per un milione di altri motivi ) sono tutti i dolciumi, soprattutto quelli industriali, cibi raffinati, specialmente le farine, succhi di frutta, specie se zuccherati,frutta tropicale, solanacee, yogurt, soprattutto quelli zuccherati, latte, panna, superalcolici, droghe e medicinali.
Se invece ti interessa approfondire la conoscenza della macrobiotica ,puoi rivolgerti all’associazione “La Sana Gola” di Milano che trovi facilmente su internet.
Ciao Irina, ma dov’eri durante la prima lezione del corso?
Abbiamo parlato dell’indice glicemico, del carico glicemico, della “dieta diabete” e dei picchi glicemici… ti ricordi delle “montagne russe”.
Tra i link della prima lezione inviati via mail il giorno dopo trovi altre specifiche!
Ciao e a mercoledì sera per l’ultimo appuntamento! 😀
Viviana, l’indice insulinico e’ diverso dall’indice glicemico. Durante la prima lezione abbiamo parlato dell’indice glicemico e della risposta insulinica, mentre il report di Michele parla proprio dell’indice insulinico. Comunque, pare che sia impossibile individuare l’indice insulinico di un qualunque alimento perche’ la risposta insulinica e molto individuale e dipende dallo stato del pancreas che e’ diverso in ogni persona. In questo caso si puo’ solo parlare in termini generali, nel senso che un alimento ha un indice insulinico piu’ o meno elevato di un altro alimento, senza pero’ poter precisare l’effetto insulinico nel corpo (che sara’ diverso per ogni persona).
cara Irina, scusami ieri andavo un po’ di corsa e pensavo ti riferissi in generale al discorso glicemico.
So che sono due cose diverse, e anzi approfitto per ringraziare Michele per il graditissimo approfondimento… 😀
Il punto è che il principale scopo di AA è quello di snellire e semplificare il più possibile i discorsi per mettere le persone in grado di agire subito efficemente sull’alimentazione per stare meglio.
Come ha scritto giustamente Michele queste sono cose molto tecniche, più ci si addentra meno si può generalizzare.
Se questo è corretto in un’ottica scientifica rischia però di disorientare il consumatore non esperto.
Anche per questo però abbiamo creato il Blog dove voi più smaliziati potete incontrarvi, chiaccherare e approfondire.
Un grosso abbraccio a tutti e due e a domani!
😀
Pingback: Un altro punto di vista
Pingback: Le controverse diete “low carb” e il loro sconcertante successo | AutodifesAlimentare.it