Passate appena le feste, mi sembra il momento opportuno per dire la mia sull’ argomento.
Chi mi conosce bene sa che amo poco le festività, per cui il periodo di fine anno, quando se ne presenta la massima concentrazione, è per me il più noioso: i soliti auguri d’ordinanza, i soliti incontri familiari che, più che un’ affettuosa occasione d’incontro, non sono che una scusa per ritrovarsi intorno a una tavola imbandita e abbandonarsi all’abbuffata rituale. E non parliamo dei regali, spesso inutili o non graditi, ma che si fanno perchè considerati un dovere sociale.
Per me che rifuggo dalle formalità e dal piattume delle convenzioni sociali è desolante vedere così tanta gente che in un determinato periodo dell’ anno si mette a fare certe cose solo perchè le fanno tutti, senza in realtà un vero motivo, senza mai chiedersi che cosa veramente sarebbe meglio fare, o si avrebbe voglia di fare in quel preciso momento.
E dato che ciò che caratterizza maggiormente le grandi feste sono le riunioni conviviali (eufemismo che sta per “abbuffate”) mi chiedo : perchè concentrarle in così pochi giorni, quando il nostro corpo non ha il tempo materiale di riprendersi dall’una per affrontare l’altra ? Chi ce lo impone ?
Nessuno, evidentemente. Perciò non capisco i sensi di colpa che molti provano una volta finiti i Baccanali, andare in palestra e mettersi a seguire discutibili diete dall’ improbabile effetto dimagrante, che vengono prestissimo abbandonate non appena non se ne può più, o ci si accorge che il gioco non è valso la candela.
Che senso ha eccedere, se poi si deve ricorrere a queste punizioni autoinflitte ?
In questo copione che si ripete fedelmente ogni anno, poi, non mancano su giornali e tv, più che gli appelli alla moderazione da parte degli esperti, considerati evidentemente un pò fuori luogo, i soliti suggerimenti per controbilanciare gli effetti dei vari eccessi. E ogni volta non posso fare a meno di chiedermi che cosa avranno di tanto importante da dire che non sia già stato detto migliaia di volte, quale segreto potranno rivelare che una comune persona di media cultura non possa arrivare a capire da sola.
E’ un trionfo di banalità che si rivolge a quelle persone per le quali l’ unico motivo per prendere in considerazione l’ idea di mettersi a dieta sono quei chili di troppo che rovinano il loro giro-vita e che la bilancia impietosamente comincia a segnalare generalmente ben prima di arrivare all’ Epifania.
E dove le mettiamo le tante malattie degenerative che affliggono la società, le allergìe, i disturbi psichici e del comportamento ? Perchè, nella ristrettezza di vedute generale, tutto questo non viene quasi mai correlato a quel che si mette nel piatto ogni giorno.
Perchè se pure la gente mangiasse abitualmente in modo decente, non si troverebbe a dover affrontare situazioni così impegnative, e qualche strappo se lo potrebbe anche concedere.
La dieta (e questo è in realtà il suo vero significato) dovrebbe insomma essere concepita come il nostro modo standard di vivere, e non un rimedio drastico e necessario, quanto temporaneo, da adottare allorquando si presenta un’ emergenza.
Il mio menù di Natale e Capodanno, per esempio, non differisce minimamente da quello di un giorno qualsiasi, perchè se mi vien voglia di assaggiare qualcosa di più insolito e “sfizioso”, me lo concedo, senza indulgere, in qualsiasi periodo dell’ anno. Non ho bisogno dunque di nessuna “dieta”.
Questa io la chiamo libertà.
Senza prendere neanche in considerazione gli aspetti più deteriori e patologici della nostra società, come l’indulgere nell’ alcool o far uso di droghe (perchè senza lo sballo che festa è ?), tutte cose che mettono a repentaglio la sicurezza pubblica, in definitiva credo che tutte queste follìe di fine anno siano frutto di un malinteso. Malinteso di chi è convinto che gli unici manicaretti gustosi e desiderabili siano quelli che si è soliti prediligere nella nostra società.
Queste persone dovrebbero frequentare certi ristoranti improntati alla sana alimentazione, e magari assistere alle lezioni di certi cuochi provetti in cucina alternativa, per convincersi di quanto questa sia valida anche da un punto di vista più edonistico.
Insomma, anche volendo gratificare il palato senza dimenticare le tradizioni, è proprio necessario buttarsi sui soliti cotechini, zamponi e salumi ? Non ci si può “accontentare” di un buon tacchino (o pollo) ruspante ben cucinato ?
E il panettone deve per forza essere quello della grande produzione industriale ? Si potrebbe invece optare per uno dietetico, con ingredienti biologici e selezionati, e soprattutto senza zucchero e farina OO, cioè eccessivamente raffinata, che quanto a gusto non ha niente da invidiare al primo.
Voglio ricordare infine un’ ultima cosa : una persona equilibrata, che sia davvero sana nel senso più ampio del termine, non ha molto attaccamento agli effimeri piaceri sensoriali, perchè le sue gratificazioni le trova altrove. Del resto, il semplice fatto di sentirsi completamente bene è già di per sè una gratificazione.
Al contrario, chi si sente schiavo del cibo rivela una condizione patologica, perchè cerca, più o meno inconsapevolmente, nella gratificazione sensoriale una compensazione al sottile malessere interiore dovuto al cattivo stato di salute di cui generalmente non si rende conto, o alle frustrazioni di una vita dura e insoddisfacente.
A buon intenditor …
Michele Nardella
http://nardellamichele.blogspot.it/
Carissimo Michele, che severità!
Meno male che in AA abbiamo il 2 su 7 e lo zero su 7 che ci permettono di fare qualche sgarro con leggerezza… 😉
Sai cosa mi ha colpito di più?
Il tuo “panettone dietetico” 😕 , quasi un ossimoro.
Sono perfettamente d’accordo con te che i prodotti che la grande distribuzione ci propina a due lire, tipo dolci con uova di dubbia qualità, latte in polvere extraeuropeo, coloranti, conservanti et similia… andrebbero sempre evitati…
Ma il panettone della nostra pasticceria di fiducia, magari con ingredienti bio (anzi io preferisco il Pandoro! 😉 ) godiamocelo a Natale con tutto il cuore! E senza “diete”!
Un caro saluto e grazie per il tuo articolo! 😀