Una delle filosofie nutrizionali salutistiche a mio avviso più affascinanti è quella basata sul livello di acidità dei cibi che mangiamo. Questo approccio, che illustriamo con dovizia di particolari nel Corso di Autodifesa Alimentare, si basa sull’evidenza scientifica che il nostro corpo per sopravvivere debba costantemente mantenere nei liquidi corporei (sangue incluso) un pH tra 7.35 e 7.45.
Questo fattore è realmente vitale, dato che una piccola oscillazione in entrambi i sensi (cioè sia verso l’acido che verso il basico) risulterebbe letale per ognuno di noi. Per questo l’organismo usa diversi sistemi tampone per mantenere questo tipo di omeostasi tendenzialmente alcalina nel momento in cui per fattori ambientali (soprattutto alimentari) il pH interno dovesse cambiare drasticamente.
Tuttavia, i ritmi di vita moderni, l’inquinamento atmosferico, l’impoverimento minerale del suolo, la manipolazione chimica dei cibi, i crescenti problemi digestivi e l’eccesso di zuccheri, alcool e proteine animali tendono a spingerci verso l’acidità molto più che verso l’alcalinità, ed è per questo che normalmente si identificano i cibi alcalinizzanti (o basicizzanti), cioè i cibi che rilasciano poche ceneri acide dopo la digestione, con i cibi allunga vita.
Anche perché per compensare la tendenza all’acidosi il corpo usa elementi tampone basici come il calcio, prelevandolo dalle ossa… 🙁
Quindi: supporto alcalino = alimentazione sana = longevità.
Ricordo ancora una brillante metafora di Tony Robbins: potendo scegliere delle pile, scegli quelle normali o quelle alcaline? Quelle alcaline, ovviamente… Perché durano di più! 🙂
Peccato che forse anche a causa dei sostenitori un po’ naif che ha raccolto in questi anni lungo il percorso, questa teoria sia tuttora bollata come non scientifica dalla “scienza ufficiale”, nonostante il Premio Nobel per la Medicina Otto Warburg abbia dimostrato quasi un secolo fa che le cellule tumorali prolificano in ambienti più acidi… 🙁
Essendo interessato a questa filosofia nutrizionale, ho recentemente avuto il piacere di leggere un bel libro intitolato La Terapia Anti-Acidosi scritto da Barbara Simonsohn, Edizioni il Punto d’Incontro, un libro che ha aggiunto diversi elementi a sostegno della validità di questo approccio, integrando (e confermando) il discorso alimentare con altre pratiche di benessere.
Uno dei passaggi illuminanti del testo, fondamentale per rispondere ai medici che alzano gli occhi al cielo quando si parla di terapia alcalinizzante, è la distinzione tra acidosi acuta (quella riscontrabile nei valori misurabili e potenzialmente mortale) e acidosi cronica o latente (che non appare dalle analisi ma fa danni a livello cellulare).
Citando la sua maestra, Renate Collier, la Simonsohn scrive: “L’Acidosi sta all’origine di qualsiasi patologia, senza alcuna eccezione“. Di fatto, laddove c’è dolore esiste un ristagno di acidità a livello di tessuti o di organi…
Per il resto, potete aspettarvi ottimi consigli depurativi sull’alimentazione – con tanto di integratori, superfood e ricette – sul digiuno assistito, sullo pseudo-digiuno, sul movimento e persino sulla fasciatura del fegato, una tecnica basicizzante jolly.
Il vero punto di forza del testo però, ciò che a mio avviso distingue questo libro da tutti gli altri che conosco sull’argomento, è l’integrazione del massaggio come sostegno terapeutico anti-acidosi, con tanto di foto: auto-massaggi alla pancia e al viso, che stando all’autrice possono realmente fare la differenza per eliminare le scorie acide stoccate nei tessuti.
Insomma, se ti interessi di alimentazione sana, benessere e prevenzione, è proprio il caso di dare un’occhiata a:
La Terapia Anti-Acidosi
Barbara Simonsohn,
Edizioni il Punto d’Incontro