Nell’ articolo precedente sulla macrobiotica ho accennato al pensiero associativo, descrivendolo come opposto e complementare a quello analitico e razionale, a noi ben noto, essendo alla base della scienza.
Infatti, se quest’ ultima è finalizzata a scoprire, descrivere e definire i costituenti elementari di quell’ insieme, di quel tutt’uno che è l’ oggetto di studio (per quello che gli strumenti scientifici a disposizione consentono di individuare), il primo, grazie ad una visione d’ insieme (in cui tutti gli elementi sono coesistenti), mira a riconoscere analogìe, rapporti e schemi all’ interno di una totalità, di un sistema, in cui ogni singola entità è costituita da altre entità e a sua volta fa parte di un’ entità più grande.
Insomma, detto in sintesi, se la scienza è concentrata sui particolari, la visione olistica ( da “olos”=intero) è incentrata sul sistema di cui quei particolari fanno parte.
Si potrebbe perciò definire l’ olismo una visione ecologica della realtà.
Nel primo caso è un pò come guardare un dipinto ponendoci molto vicini ad esso, e magari analizzarlo con la lente d’ ingrandimento: in tal modo avremmo la possibilità di notare particolari altrimenti impossibili da vedere, ma non potremmo cogliere l’ immagine completa, il significato dell’ opera e apprezzarne l’ armonìa e la bellezza;
Nel secondo caso invece, guardandolo da abbastanza lontano, riusciremmo ad avere subito la visione d’ insieme dell’ immagine raffigurata nel quadro, ma non potremmo coglierne dettagli e sfumature.
Come si può facilmente evincere, nessuno dei due criteri è perfetto in sè, perciò dovremmo utilizzarli entrambi in un sapiente equilibrio, in funzione dell’ obiettivo che ci prefiggiamo.
Ma per poterci formare una visione d’ insieme abbiamo bisogno di princìpi sintetici, di princìpi cioè, che ci consentano di scoprire, ove esista, il rapporto che lega fenomeni e qualità apparentemente distinti e separati, ossìa quello che si definisce analogìa.
Yin-Yang è il più conosciuto di questi princìpi e anche il più semplice e fondamentale, in quanto ci fa capire qual è il comportamento del fenomeno in oggetto nei confronti dello spazio. E siccome lo spazio è indissolubilmente legato al tempo, come la fisica ci insegna, esso ci fornisce al contempo implicite informazioni anche su questo parametro.
Da questa semplice e precisa premessa è facile dedurre che non c’è nulla di più elementare, di più fondamentale di yin e yang, in quanto non c’è legge di fisica che non veda implicati lo spazio e il tempo. Pertanto a buon diritto sono stati sempre riconosciuti come “Il Principio Universale“.
Yin e Yang sono usati per qualificare qualsiasi cosa o concetto, perchè, per definizione, il mondo come appare ai nostri sensi e al nostro cervello, che non fa che analizzare e discriminare, quel mondo di cui noi stessi siamo parte integrante non è che una differenziazione dell’ Assoluto, dell’ Infinito, che si biforca in questo primo stadio di manifestazione rappresentato, appunto, dalla comparsa della polarità.
Essi possono quindi essere applicati sia nell’ ambito del mondo fisico, che in quello metafisico, le due modalità (yin-yang) in cui si manifesta la realtà.
Ed è proprio questo il primo motivo di malinteso, di confusione di chi si avvicina a questa scienza e dei suoi detrattori, che, non comprendendola, la criticano bollandola affrettatamente come “leggenda”, o mera filosofìa.
Si tratta invece di due accezioni che però hanno senso solo quando applicate nel rispettivo contesto.
Non posso soffermarmi su questo concetto fondamentale di profondo significato, che mette davvero alla prova la nostra comprensione del Principio Unico. Per chi è interessato ad approfondire posso consigliare l’ ottimo libro di Carlo Guglielmo “ Il Grande Libro dell’ Ecodieta” , dove c’è un capitolo apposito che chiarisce definitivamente questo punto.
E’ bene dunque precisare subito che quando si afferma che Yin sta ad indicare tutto ciò che rivela una tendenza centrifuga, e quindi espansiva, mentre Yang ovviamente rappresenta l ‘0pposto, il contesto logico di riferimento è evidentemente quello fisico, mentre gli stessi principi possono essere usati per definire e classificare una gerarchìa di funzioni, come si riscontra nella Medicina Tradizionale Cinese, dove l’ aspetto fisico non ha ovviamente senso.
Queste due caratteristiche fisiche di base (centrifugalità-centripetalità) danno origine ad una serie di conseguenze a cascata, che sono le logiche implicazioni di quelle tendenze: per esempio, se un corpo si espande diventerà evidentemente più grande, tenderà eventualmente a dividersi, o a separarsi dal suo ambiente, a raffreddarsi (a causa della dispersione termica), a diventare più lento e inattivo (perchè l’ energìa si deconcentra), ad indebolirsi ecc.
Da ciò si deduce che tutte queste manifestazioni e qualità sono accomunate, in quanto generate dallo stesso processo energetico, e pertanto sono da considerare tutti aspetti di natura yin.
Naturalmente questi aspetti ( è importante precisarlo, perchè è un concetto fondamentale) hanno sempre un significato relativo e mai assoluto, in quanto descrivere qualcosa come “grande“, oppure “freddo“, o “fragile“, per restare nell’ esempio, ha senso solo in quanto implicitamente rapportato a qualcos’altro (anche ipotetico) che possiede caratteristiche opposte.
Non solo, ma, concetto altrettanto fondamentale, lo stesso oggetto o fenomeno conterrà in sè inevitabilmente proprietà ascrivibili ad entrambe le categorìe polari. Perciò qualificarlo “yin” oppure “yang” significa solo indicare quale tendenza prevale.
Questo ci dice che yin e yang sono inseparabili, come rivela il famosissimo emblema taoista di forma circolare, con le due sezioni, rappresentanti i due princìpi, che sembrano rincorrersi a vicenda e abbracciarsi: ognuno dei due esiste solo in funzione dell’ altro.
Da quanto appena illustrato si capisce che nel valutare la natura yin o yang di un fenomeno (sempre, lo ribadisco, in rapporto a qualcos’altro, che può essere implicito nel contesto, ma assolutamente presente), sono da prendere in considerazione tutte quelle caratteristiche e circostanze ad esso attribuibili, comprese quelle non misurabili e quantificabili, o non oggettivamente definibili, che sono per questo automaticamente escluse dalla metodologìa scientifica.
E cioè, per fare qualche esempio: forma, dimensioni, colore, sapore, consistenza, latitudine di provenienza geografica, stagionalità, ambiente, regno di appartenenza (animale o vegetale), velocità di crescita, direzione di crescita, equilibrio acido-basico e tante altre. Insomma tutto ciò che non passa attraverso quello che qualcuno ha definito “il filtro ontologico della scienza“.
Infatti non senza motivo ho parlato all’ inizio di pensiero associativo e olistico come complementare a quello razionale e analitico della scienza, in quanto, basandosi su presupposti diversi, indaga proprio quegli aspetti preclusi alla scienza.
Le implicazioni di tutto ciò sulla salute, la medicina e il nostro stesso modo di intendere la salute sono rivoluzionarie quanto ancora poco capite, ed è quello di cui finalmente parlerò nel prossimo articolo, che sarà per questo il più interessante di tutta questa serie dedicata alla macrobiotica.
Michele Nardella
http://nardellamichele.blogspot.it/
Chi si alimenta in modo macrobiotico, la vitamina B12 dove la deve prendere??? Grazie.
Grazie per la domanda senz’ altro interessante che hai posto.
In effetti si tratta di un argomento molto delicato cui per molto tempo non si è dato abbastanza peso.
La vitamina B12 infatti è importantissima, e non solo per prevenire l’ anemia, ma anche perchè una sua carenza a lungo termine può portare a disturbi nervosi e cognitivi anche gravi e anche al cancro, e non sono pochi i casi di quest’ ultima malattia fra vegani, vegetariani e macrobiotici.
Come forse già saprà, questa vitamina, sintetizzata da alcuni batteri che fanno parte dell’ humus dove crescono le piante, è reperibile solo nei cibi animali. Per molto tempo si è pensato che fosse contenuta anche nelle alghe marine e nei prodotti fermentati della soja, ma poi si è scoperto che quella ivi presente è una varietà biologicamente inerte. Questo spiegherebbe anche perchè tanti macrobiotici si siano ammalati di cancro, visto che per tanti anni si è confidato sui suddetti prodotti che notoriamente fanno parte della dieta macrobiotica.
Perciò il problema della B12 per chi fa macrobiotica è lo stesso che si presenta per chi opta per il veganismo.
A differenza di quest’ ultimo, però, la macrobiotica non esclude a priori il cibo animale, che comunque deve essere scelto secondo opportuni criteri e consumato solo in piccole quantità (il pesce è il più consigliato).
Altrimenti l’ unica alternativa è ricorrere ai soliti integratori, come fanno i vegani… a meno che non si vogliano consumare i vegetali non lavati, cioè con residui di terra contenente i preziosi batteri.
Ultimamente tuttavia uno studio supervisionato dalla d.ssa Luciana Baroni (Presidente della Società Vegetariana Italiana) avrebbe dimostrato la presenza della vitamina in forma attiva nelle alghe verde-azzurre Klamath, ma sarebbe meglio attendere una conferma prima di dirlo con certezza.