E’ vagamente risaputo che lo zucchero non sia precisamente un toccasana, e spesso a buon ragione lo si chiama in causa quando si parla di sovrappeso e altre malattie metaboliche.
E’ opportuno sapere però che quello che si dice in giro, che riportano, o lasciano intuire i mass media è solo la punta di un’ enorme iceberg.
Vorrei quindi soffermarmi un pochino proprio su quegli aspetti del suo consumo di cui non sentirete mai parlare da nessuna parte perchè troppo imbarazzanti…
Nel 1979 presso l’Università di Loma-Linda in California si è svolta una ricerca sui possibili effetti dello zucchero sul sistema immunitario, in particolare sull’efficienza dei globuli bianchi nel neutralizzare i vari germi.
Ebbene, se in condizioni standard un globulo bianco riesce ad avere la meglio su 14 batteri di un determinato tipo, alla fine di quest’esperimento risultò che con 6 cucchiaini di zucchero questo numero si riduceva a 10 ; con 12 il loro numero già calava a quota 5 ; con 18 si scendeva a 2, ed infine con 24 nessun batterio veniva ucciso.
Inoltre, sempre a proposito di globuli bianchi, un altro studio ha dimostrato che il consumo di zucchero ne inibisce la produzione e ne ritarda la maturazione.
Meditate gente, meditate…
Un altro aspetto pressochè sconosciuto è l’effetto del dolce veleno su vari fenomeni che implicano una moltiplicazione cellulare, essendo nota la sua correlazione con la produzione dei cosiddetti “fattori di crescita“.
Queste sostanze simil-ormonali, come si può intuire, hanno un ruolo nello sviluppo dei tumori e la correlazione tra zucchero e tumore al seno, come pure il cancro al colon, è stata scientificamente accertata.
Forse per lo stesso motivo, sembra che l’ inquietante crescita del … seno, cui stiamo assistendo sempre più frequentemente in soggetti maschili, sia da imputare al nostro subdolo, candido assassino, avendo esso l’effetto di incrementare il livello degli ormoni femminili.
Dato che non se ne parla mai, mi sembra poi doveroso ricordare che lo zucchero favorisce la produzione di radicali liberi e gioca un ruolo non secondario sull’assetto lipidico, nell’ incrementare il livello del colesterolo LDL, cioè quello “cattivo”.
Ma la sua responsabilità nelle patologie cardiovascolari non si esaurisce qui, essendo ormai assodato che nella patogenesi di molte malattie degenerative è implicato il fenomeno della glicazione delle proteine.
Esso consiste nel fatto che, quando la glicemia è alta, il glucosio (ma ancora di più il fruttosio) tende a combinarsi con le proteine tissutali, specialmente col collagene, la proteina strutturale che conferisce elasticità al tessuto connettivo, snaturandole e privandole della loro funzionalità.
Queste proteine glicate, una volta diventate complessi irreversibili, gli AGE (Advanced Glycation Endproducts), non sono che zavorra che va a depositarsi ovunque capiti, disturbando le normali funzioni delle cellule.
Esse finiscono così per innescare processi degenerativi che iniziano con l’ indurimento dei tessuti connettivi, provocandone l’ invecchiamento, e col dare inizio poi a vere gravi patologie, come tumori, morbo di Alzheimer ed arterioscerosi, in cui sembrano avere un ruolo nella formazione della caratteristica placca, l’ ateroma.
Voglio accennare ora, anche se la scienza non sa dare una spiegazione, al possibile ruolo dello zucchero nelle alterazioni congenite del tubo neurale, come la spina bifida e l ‘anencefalia (che però possono dipendere anche da carenza di acido folico).
Si è scoperto così che il rischio di avere un bambino con una di queste anomalie per le donne che lo avevano concepito era direttamente proporzionale al loro consumo di zucchero. Il rischio era poi ancora più alto per le donne che erano anche in sovrappeso.
Per concludere, voglio ricordare l’ influenza nefasta che il consumo di questo alimento (o non-alimento?) ha perfino sulla sfera mentale ed emotiva a causa dell’ insidioso fenomeno dell’ ipoglicemia cui esso paradossalmente dà origine.
La corteccia cerebrale infatti, è bene sapere, è la parte più sensibile ai cali della glicemia, perciò quando si trova a corto di carburante reagisce nei modi più strani ed imprevedibili.
Pensate che in un riformatorio americano della Virginia fu condotto tempo fa un singolare esperimento atto a verificare quanto potesse influire la dieta sul comportamento dei reclusi.
Si è provato così solo ad eliminare lo zucchero in ogni sua forma, senza cambiare nient’ altro nella dieta, e si è constatato che dopo tre mesi i provvedimenti disciplinari per episodi di violenza, turbolenza o indisciplina si erano ridotti del 45%.
Ancora più radicale è stato invece un altro esperimento che ha avuto luogo allo Shattuck Hospital di Boston in cui hanno fatto da cavie diciotto pazienti psichiatrici e geriatrici in uno studio in doppio cieco e con gruppo di controllo per verificare se il regime macrobiotico potesse essere di aiuto anche nell’ ambito specifico dei disturbi mentali.
In questo caso quindi non si è trattato solo di eliminare lo zucchero, ma di intervenire con la dieta a trecentosessanta gradi, servendo pasti macrobiotici cucinati da veri cuochi macrobiotici professionisti ( ma questo non è stato un problema, dato che a Boston c’è la più grande comunità macrobiotica del mondo).
Questi hanno dovuto dar fondo a tutti i loro trucchi e alle loro abilità nel rendere i loro piatti più attraenti e familiari agli occhi e soprattutto al palato dei degenti, abituati alla dieta tipica americana lontana anni-luce da quella che veniva loro proposta.
Alla fine però ne è valsa ampiamente la pena se dopo otto settimane i ricercatori hanno potuto verificare una netta riduzione dei sintomi psicotici, dell’ ansia e dell’ irritabilità in questi pazienti.
Michele Nardella